La pasta, quel prodotto unico nel mondo ma diverso in ogni parte d’Italia, rappresenta un po’ il nostro orgoglio nazionale. Forse è proprio la diversità che lo rende così amato.
Esistono infinite ricette che hanno la pasta come protagonista, ma ciò che spesso fa la differenza tra un piatto e un altro è la tipologia di formato che si utilizza. È un dettaglio che nella cucina italiana ha un valore unico ed è tramandato di generazione in generazione.
Vale sempre la massima che i nostri antenati ci hanno visto bene; in questo caso hanno capito perché alcuni tipi di pasta si sposano perfettamente con determinati ingredienti.
In ogni regione italiana sono nati e si usano ancora degli specifici formati di pasta, alcuni conosciuti in tutto il mondo, come ad esempio gli spaghetti, e altri dai nomi particolari noti solo nelle località d’origine.
Ma del resto la nostra cucina è talmente variegata, che esistono sostanziali differenze anche a pochi chilometri di distanza da un luogo all’altro. La bellezza di tutto questo è che ogni tipologia di pasta ha una sua origine, a volte contesa tra più regioni, e una storia strettamente legata al territorio dov’è nata.
Oltre alla forma specifica, ci sono dei fattori che incidono sul prodotto che comunemente consumiamo, come il metodo di lavorazione e di conservazione. Uno di questi è la trafilatura al bronzo, che dagli ultimi trend nel settore sembra essere quella più apprezzata dai consumatori.
Pasta lunga o pasta corta?
Quante volte in cucina vi è capitato di rivolgere a qualcuno o sentirvi fare la domanda: “Pasta lunga o corta?”. Questa è una delle tante differenziazioni che caratterizzano “la regina della cucina italiana”. Se ci pensiamo bene, essa nasce dall’unione chimicamente perfetta di due soli ingredienti: acqua e farina. Ma a partire da questo impasto, a volte con l’aggiunta di altri ingredienti, con fantasia e creatività sono state ideate e realizzate innumerevoli tipologie di pasta, differenti per forma e lavorazione. Le caratteristiche specifiche che ne derivano, come ad esempio la lunghezza, lo spessore, la porosità, la rugosità ecc., determinano il successo del piatto che si vuole realizzare.
A volte gli abbinamenti fra tipi di pasta e condimenti sono frutto di tradizioni popolari o nobiliari che si sono tramandate nel tempo. Un classico esempio sono gli spaghetti alle vongole, un piatto nato nel focolare domestico che è stato perfezionato sulle tavole della corte borbonica. Difficilmente qualcuno ha proposto i rigatoni con le vongole. Il motivo risiede non solo nel fatto che gli spaghetti aiutano a “intrappolare” il condimento, ma che tale ricetta ha mantenuto il suo successo negli anni, tanto da diventare il must estivo della cucina italiana.
Accade anche che partendo da un particolare tipo di pasta che si ha nella dispensa, si arriva alla ricetta da eseguire: alle linguine associamo il pesto, alle tagliatelle il ragù e così via. Si tratta di piatti entrati a far parte della nostra cultura culinaria.
La scelta del formato di pasta, che sia quello che si usa convenzionalmente o quello che gradiamo maggiormente, è un fattore che unisce tutti gli italiani: da chi cucina per lavoro, a chi lo fa per passione, a chi mangia e basta!
È come trovarsi a dirigere un concerto, dove i vari formati vengono abbinati e preparati per creare una deliziosa sinfonia di sapori.
I nomi più strani
In Italia è quasi impossibile contare le varietà di pasta presenti, e ogni regione racchiude tante piccole storie, modi di dire e lavorazioni particolari che ne hanno determinato il nome. A volte si tratta di forme dialettali, come ad esempio i fileja (pasta tipica calabrese), in altri casi sono nomi un po’ buffi, frutto di racconti popolari. Vediamone alcuni:
– Strangolapreti: gnocchi fatti con il pane, molto corposi e più difficili da deglutire rispetto a quelli di patate. Secondo la cultura popolare, il nome si riferisce al fatto che i preti mangiando troppo velocemente avrebbero rischiato di strozzarsi.
– Malloreddus: gnocchi tipici della Sardegna, al cui impasto viene aggiunto dello zafferano. Il nome deriva dalla parola sarda malloru, che significa toro, il cui diminutivo malloreddus si riferisce ai vitellini. L’associazione tra l’animale e il tipo di pasta è riconducibile alla forma leggermente panciuta che li accomuna.
– Scialatielli: pasta fresca campana, il cui nome è legato al termine napoletano “scialare” che vuol dire ‘godere’, probabilmente in riferimento al piacere che si prova quando si mangia questo tipo di pasta.
– Tacconi: è una pasta di origine marchigiana fatta con farina di frumento e fave. Nasce dalla necessità dei contadini di trovare una valida alternativa al frumento, in caso di possibili periodi di scarsità.
– ‘Ndrocchie: tipo di pasta dalla forma simile ai fusilli, tipica di un paesino abruzzese, Cupello, viene preparata a mano con il ferro dell’ombrello. Nell’impasto ha farina, uova e sale.
Nomi un po’ bizzarri, ma che fanno capire l’importanza che questo prodotto ha avuto per le famiglie italiane e come sia parte della loro storia.
Le forme artistiche
La pasta non finisce mai di stupirci non solo per la sua bontà, ma anche per le forme quasi perfette che assume, come se fossero delle piccole opere d’arte.
Un esempio tra tutti è sicuramente una tipica pasta sarda chiamata Lorighittas. Si tratta di anelli intrecciati tra di loro, quasi come se fossero dei gioielli da indossare. Una preparazione che ancora oggi viene fatta dalle donne sarde, quasi centenarie, e richiede tanta pazienza e precisione.
Un altro capolavoro artistico è la pasta detta Vesuvio, prodotta a Gragnano. La sua conformazione molto particolare è il risultato di un intreccio elicoidale, che sembra quasi rappresentare il famoso vulcano. Una piccola scultura di pasta in un piatto!
Sembrano dei riccioli di capelli, belli e perfetti, invece sono le Busiate. Parliamo di una tipologia di pasta originaria del trapanese, rassomigliante a un fusillo. Viene realizzata attraverso il cosiddetto “buso”, uno strumento locale utilizzato per lavorare la maglia. Ma l’origine del nome potrebbe anche derivare da una pianta che si impiegava per legare le spighe tra di loro.
Il tipo di lavorazione che le caratterizza le rende uniche e apprezzate non solo nel territorio dove sono nate.
La pasta è dunque una forma d’arte, che richiede conoscenza delle materie prime, manualità, creatività e passione. In Italia esistono pastifici d’eccellenza, che riescono a fornire prodotti di alta qualità e portano avanti la vera arte della pasta italiana.
La pasta asciutta, ma artigianale
Un’altra domanda che ci facciamo nello scegliere la pasta è: “Fresca o asciutta”? La differenza tra le due consiste sostanzialmente nel processo produttivo che determina diversi tempi e modalità di conservazione dell’alimento.
La pasta secca, o cosiddetta pasta asciutta, a differenza di quella fresca può essere consumata in tempi più lunghi e non deve essere riposta in frigorifero. Ciò è dovuto al trattamento di conservazione a cui viene sottoposta, che è l’essiccamento. Si tratta di un metodo dalle origini molto antiche, che consiste nel sottrarre l’acqua utilizzata nella lavorazione del prodotto, responsabile della proliferazione dei batteri che ne causano il deterioramento.
Ricordiamo inoltre che la pasta essiccata in cottura raddoppia quasi il suo volume, quindi a parità di quantità la resa è maggiore.
Probabilmente sono questi i fattori che condizionano la scelta del consumatore che, pur scegliendo la pasta artigianale puntando alla qualità del prodotto, tuttavia predilige la pasta asciutta.
Oggi leggiamo spesso nelle etichette: trafilatura al bronzo. Si tratta di una lavorazione artigianale eseguita a basse temperature di essiccazione, che permette di conservare molte delle proprietà presenti nella pasta, garantendo un livello qualitativo maggiore rispetto ai prodotti industriali. Da un’analisi statistica dell’Osservatorio Immagino emerge che, al 2018, sono 824 le referenze di pasta che indicano in etichetta la dicitura “trafilato al bronzo”, con un aumento della vendita di tali prodotti del 5,9%.
Dietro un rigatone o una pennetta si nasconde un’arte storica e preziosa, che diverse aziende artigianali ancora oggi custodiscono gelosamente. Oggi più che mai c’è una forte attenzione dei pastai a differenziare i loro prodotti e a garantire una maggiore qualità. Per tale motivo il ristorante Le tre zucche ha scelto il Pastificio Artigianale Lagano, un’azienda romana specializzata nella trafilatura al bronzo e nell’essiccazione lenta, da dove proviene la protagonista dei magnifici piatti della tradizione romana preparati dallo chef Fabrizio Sepe.
Autore: Enza La Paglia (Growell)
Illustrazione: Emily Casagrande